Alessandra Croce: il gesto , la rinascita e l'eredità dell'astrattismo

Pubblicato il 18 novembre 2025 alle ore 10:40

Nel panorama contemporaneo, l’arte astratta continua a reinventarsi attraverso linguaggi che sfidano la tradizione e ridefiniscono il ruolo dell’artista.

Alessandra Croce si inserisce in questo scenario con una forza espressiva che affonda le radici nel gesto, nella materia e nella volontà di oltrepassare i confini del visibile. Per lei dipingere non è rappresentare, ma attraversare: attraversare emozioni, memorie, tensioni interiori che prendono forma sulla tela attraverso un’immediatezza che lei stessa definisce “imbrattare”. Un termine che potrebbe sembrare provocatorio, ma che racchiude invece una poetica precisa: lasciare che la materia sia libera, senza censura, senza sovrastrutture.

 

Questa visione richiama, pur nella sua originalità, la lezione dei grandi maestri dell’astrattismo del Novecento. Tra questi, è inevitabile pensare a Willem de Kooning, artista che ha trasformato il gesto in un terreno di scontro tra caos e armonia. Come de Kooning, anche Croce non teme l’impeto né il disordine apparente: il suo “imbrattare” non è casuale, ma un atto deliberato di verità, un modo per raccontare se stessa senza mediazioni. Dove il maestro americano lasciava che il segno fosse traccia dell’inconscio, Croce utilizza la materia come un’estensione del corpo, una partitura fisica che accoglie il tumulto del presente.

 

"War"

Arcilico su tela

"Rage"

Acrilico su tela 

"Full Moon"

Acrilico su tela


Questa energia si manifesta con particolare intensità nelle sue tre opere emblematiche: “The War”, “Phoenix” e “Riflessi”. In The War, la tela diventa campo di tensione: strappi cromatici, sovrapposizioni materiche e vibrazioni di colore si intrecciano come fossero le molteplici battaglie interiori che l’artista affronta e traduce in immagine. L’opera è una dichiarazione di coraggio: riconoscere il conflitto e trasformarlo in forma.

Phoenix, al contrario, apre alla rinascita. Come l’araba fenice, il colore sembra emergere da una combustione spirituale. Le pennellate ascendono, si accumulano e poi si dissolvono, create da un gesto che spezza il dolore per ricomporsi in un nuovo equilibrio. Qui l’imbrattare diventa catarsi, e la materia, bruciata e rigenerata, racconta la possibilità di risorgere.

In Riflessi, l’artista si addentra invece nell’ambiguità dello sguardo. La superficie pittorica non è più campo di battaglia né rinascita, ma specchio. Strati di colore affiorano come immagini riflesse in un’acqua in movimento, restituendo non ciò che è fisso, ma ciò che vibra e cambia. È un’opera che parla di identità sfalsate, di percezioni che mutano, di verità che non sono mai univoche.

"The Tempest"

Acrilico su tela 

"Cappuccetto rosso"

Acrilico su tela

"The Spell"

Acrilico su tela


Alessandra Croce si inserisce nel panorama artistico contemporaneo come una voce capace di rinnovare il senso stesso dell’astrazione. La sua pittura non è mai pretesto formale, né esercizio di stile: è un atto necessario, una ricerca che affonda le radici in un’urgenza emotiva autentica. In un’epoca in cui l’immagine tende a essere controllata, filtrata e resa innocua, Croce sceglie invece la via della sincerità, permettendo al colore di diventare specchio, ferita, respiro.

L’eredità dei grandi astrattisti del passato non si manifesta come imitazione, ma come dialogo profondo. Se Pollock, de Kooning e Vedova hanno consacrato il gesto come rivelazione dell’inconscio, Alessandra ne raccoglie lo spirito e lo trasforma in una dimensione personale e contemporanea: un linguaggio che parla di vulnerabilità, rinascita, movimento interiore. La sua pittura diventa così una sorta di autobiografia emotiva, in cui ogni stratificazione è un’esperienza vissuta, ogni colatura un pensiero non detto, ogni esplosione cromatica una verità che prende forma.

The War, Phoenix e Riflessi non rappresentano soltanto tre opere, ma tre tappe di un percorso umano prima ancora che artistico. L’artista non offre risposte, non costruisce rassicurazioni: invita invece ad attraversare insieme a lei il conflitto, la metamorfosi e la consapevolezza. Il suo gesto pittorico, libero da regole e da inganni, restituisce allo spettatore la possibilità di leggere se stesso in quei frammenti di colore, di riconoscere la propria instabilità, la propria forza, le proprie rinascite.

È proprio questa capacità di trasformare l’esperienza personale in linguaggio universale che rende la ricerca di Alessandra Croce così necessaria oggi. Le sue tele non chiedono di essere spiegate, ma ascoltate. Non puntano alla perfezione, ma alla verità.
E in un tempo che ha smarrito la profondità dell’emozione, l’artista ci ricorda che l’arte può ancora essere un luogo in cui sentire, in cui accogliere, in cui ritrovarsi.

Alessandra Croce dipinge ciò che brucia, ciò che trema, ciò che risorge.
E proprio in questa sincerità senza difese risiede la forza più luminosa del suo lavoro.


 

 

Alessandra Croce 

Alessandra Croce è un’artista contemporanea il cui percorso creativo si fonda sull’esplorazione gestuale e materica del colore. Appassionata di espressioni libere e spontanee, sviluppa una ricerca che si muove tra astrazione, introspezione e impulso emotivo. La sua arte nasce dal bisogno di tradurre stati interiori in forme dinamiche, attraverso un approccio che lei stessa definisce “imbrattare”: un gesto istintivo che diventa linguaggio e identità. Le sue opere, spesso cariche di stratificazioni cromatiche e tensioni visive, raccontano conflitti, rinascite e riflessi dell’animo umano. La poetica di Croce dialoga con l’energia dei grandi maestri dell’espressionismo astratto pur mantenendo una voce personale e riconoscibile, capace di restituire la complessità del presente attraverso un segno libero e vibrante.

 

 

La Redazione 

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