Antonio Costanzo: dove il gesto diventa rivelazione

Pubblicato il 11 novembre 2025 alle ore 11:10

ANTONIO COSTANZO: L'URGENZA DEL SEGNO, L'ARTE COME RICERCA DI SE'


Nel panorama dell’arte contemporanea, in cui l’immagine si consuma alla velocità di un gesto, Antonio Costanzo rappresenta l’opposto: un artista che non dipinge per mostrare, ma per ascoltare. Le sue opere sono un attraversamento silenzioso, un luogo in cui la forma non si impone, ma emerge da un’urgenza interiore.

Nato a Napoli nel 1958 e residente a Cardito, Costanzo intraprende il suo percorso artistico come autodidatta. Non segue scuole prestabilite, ma lascia che sia la curiosità a guidarlo.

«Ben presto ho capito che una crescita artistica non poteva fare a meno di regole e conoscenza storica», afferma. Ed è così che studia i maestri del Rinascimento, rapito dalla purezza stilistica, fino a lasciarsi travolgere dalle avanguardie del Novecento.

Il suo immaginario si muove tra espressionismo, cubismo, futurismo e surrealismo: correnti che non copia, ma interiorizza e reinterpreta. «Spesso inconsciamente inserisco tutte le correnti… l'espressionismo mi appartiene, ma non disdegno forme di cubismo, futurismo, dadaismo».
Questa libertà testimonia la sua scelta: l’arte non è imitazione, ma evoluzione.

Ogni sua opera nasce da un impulso primitivo, «istintivo», come lo definisce lui stesso. Il gesto è il primo atto, la meditazione arriva dopo.

 

<<< «Ogni opera nasce da un’idea istintiva, che successivamente trova equilibrio.»

 

Le forme diventano estensione della sua storia personale, frammenti di emozioni tradotte in colore e materia. Non dipinge ciò che vede: dipinge ciò che vive.

 

<<< «Le mie opere sono tutte autobiografiche. Ogni opera racconta qualcosa di me.»

 


È in questa trasparenza emotiva che risiede la forza della sua arte. L’opera diventa specchio, possibilità di riconoscersi. L’artista non cerca l’approvazione del pubblico, ma la relazione. Quando gli chiedo cosa accade nel momento dell’incontro con lo spettatore, risponde:

<<<«Il dialogo con il pubblico diventa partecipato. L’opera silenziosamente esiste.»

 

Forse è questo il senso ultimo della sua ricerca: permettere all’opera di vivere una propria vita, indipendente dalla sua mano.

Napoli ritorna spesso nelle sue parole. Non come luogo geografico, ma come energia creativa. «Osservi Napoli, chiudi gli occhi e dipingi», dice. E in quell’immagine c’è tutto: l’eccesso, la passione, l’istintualità che plasmano il suo gesto.

La carriera di Costanzo ha incrociato mostre e riconoscimenti, ma ciò che più conta è che nulla sembra essersi spento nel suo sguardo. L’artista conserva intatta la sua meraviglia, la sua irrequietezza: «Credo che rimarrà forte il desiderio di esplorare nuove idee.»

 

Nell'intervista Antonio si racconta così:

1. Antonio, hai iniziato il tuo percorso come autodidatta. Quanto ha contato, nella tua crescita artistica, la libertà di non avere regole accademiche da seguire?

Devo dire che anche iniziando come autodidatta, ben presto ho capito che una crescita artistica non poteva fare a meno di regole da rispettare e di conoscenza storica.

2. Nella tua biografia parli di un amore per le avanguardie del ’900. Cosa ti affascina di più di quel periodo e in che modo ha influenzato il tuo linguaggio pittorico?

Devo confessare che il periodo avanguardie del Novecento mi ha impressionato. Spesso nei miei lavori inconsciamente inserisco tutte le correnti (espressionismo che più marcatamente mi appartiene, ma non disdegno forme di Cubismo, Futurismo, Dadaismo) che riporto spesso nelle mie sculture, Surrealismo, la bellezza dell’irrazionale e l’astrattismo che porta il soggetto a brevi-.

3. Hai studiato e osservato grandi maestri del Rinascimento. Cosa hai ereditato da loro e cosa invece hai voluto superare per trovare la tua voce personale?

L’eredità lasciata rimane quella della passione e dello spirito creativo.

4. Parli spesso della “potenza visiva delle nuove frontiere dell’arte”. Qual è, secondo te, oggi il confine più interessante da esplorare nella pittura contemporanea?

Il linguaggio interessante rimane sempre il più semplice, allo stesso tempo il più complicato. Proporre letture nuove di facile impatto visivo e di vero amore e passione a volte è faticoso e rimane nei confini per non andare oltre i confini.

5. La tua ricerca è profondamente legata all’introspezione. Come nasce un tuo quadro? È un atto istintivo o un percorso meditato?

Ogni opera nasce da un’idea istintiva, che potrà successivamente alla meditazione trovare un giusto equilibrio.

6. Scrivi che le tue opere riflettono la tua storia personale, umana e artistica. C’è un dipinto che senti particolarmente autobiografico?

Le mie opere sono tutte autobiografiche, ognuna racconta qualcosa di me. Partiamo: hanno bisogno parecchiamente di essere ascoltate.

7. Hai esposto in molti contesti diversi, da Napoli a Bari, da Spoleto ad Aversa. Come cambia il dialogo con il pubblico nei vari luoghi in cui presenti il tuo lavoro?

Il dialogo con il pubblico a volte diventa partecipato (con critiche, elogi, domande) e l’opera silenziosamente “esiste” presente.

8. Il tuo linguaggio unisce purezza formale e libertà espressiva. Come riesci a mantenere questo equilibrio tra ordine e spontaneità?

Il linguaggio molto spesso racconta la vera personalità di ogni artista per cui comicità, libertà espressiva e creativa, ordine, passione, stimoli sono gli ingredienti giusti per un buon equilibrio.

9. Napoli è una città di forti contrasti e grande energia. Quanto ha influenzato il tuo immaginario artistico vivere e lavorare in questo contesto?

Napoli! Saper osare, sregolatezza, bellezza, spontaneità. Sole, gioia, osservi Napoli, chiudi gli occhi e dipingi, non hai bisogno di altro.

10. Guardando avanti, quale pensi sia la direzione della tua ricerca artistica? Cosa desideri ancora esplorare attraverso la pittura?

Guardando avanti credo che rimarrà molto forte il desiderio di esplorare lasciando spazio a nuove idee.


Antonio Costanzo non dipinge soltanto: attraversa.
Attraversa il colore come si attraversa un ricordo. Attraversa la linea come si attraversa un pensiero che ancora non ha trovato parole.

Ogni tela è un ritorno a sé e, allo stesso tempo, un distacco: ciò che l’artista deposita sulla superficie non gli appartiene più. Nel momento in cui la firma, l’opera inizia la sua vita autonoma. Si stacca, respira, cerca sguardi che sappiano ascoltare.

Le sue forme non chiedono interpretazione, chiedono presenza.

C’è un coraggio raro nelle sue scelte: quello di non temere l’istinto, di affidarsi al gesto prima ancora dell’idea. Le linee sembrano inseguire un ordine segreto: non è l’artista a comandare la forma, è la forma che si rivela, come un respiro antico che riemerge.

Costanzo non vuole “mostrare qualcosa”, vuole rivelare.

Il suo lavoro non è decorazione, ma un atto di verità:
un frammento di vita che diventa colore, un pensiero che si fa materia, un silenzio che trova finalmente voce.

Le sue opere non si osservano: si ascoltano.
Raccontano il tremore del cambiamento, il bisogno di trasformazione, la capacità di restare fedeli alla propria essenza, anche quando tutto intorno spinge a uniformarsi.

L’arte, per Antonio, è un luogo in cui tornare quando il mondo fa troppo rumore.

 

 

La Redazione 

Aggiungi commento

Commenti

Non ci sono ancora commenti.