Un viaggio musicale
“…Sogni che ti camminano accanto
Stesso treno stesso scompartimento
Sempre solo per sentirti più eroe
Nella mente una nuova canzone
Sogni che non ti fanno dormire
Sogni che non ti vuoi raccontare
Troppo grandi per poterne parlare
Troppo dolci per doversi svegliare…”
Sogni 1989
C’è un filo invisibile, forte e potente, che collega i vicoli del quartiere pulsante di Bagnoli alla Napoli degli anni Sessanta. In un cortile di periferia, nel cuore dei Campi Flegrei, noti per le loro ricchezze paesaggistiche, le coste frastagliate e il verde, nacque uno dei capitoli più singolari della musica italiana.
Proprio quei vicoli e quel cortile furono il primo palcoscenico dei fratelli Bennato: Giorgio, Eugenio ed Edoardo. Insieme diedero vita al Trio Bennato, immaginando isole fantastiche popolate da pirati, burattini ribelli e bambini che rifiutano di crescere. Quel filo invisibile è oggi la musica di Edoardo Bennato, artista capace di trasformare l’ironia in strumento di denuncia, la fantasia in linguaggio universale e il rock in un’arma affilata capace di incidere nella mente della società italiana.
Raccontare Bennato significa attraversare il suo micromondo, un universo in cui leggerezza e denuncia convivono, dove circostanze e personaggi apparentemente marginali assumono un ruolo fondamentale. Qui, la canzone pop diventa lente deformante per osservare il potere, le sue ipocrisie e le sue maschere. Tematiche forti, che torneranno nei dischi successivi sotto forma di messaggi sottili e copertine dissacranti. Bennato non si limita alla musica: la sua passione per le arti visive, in particolare per la pittura, alimenta un percorso creativo parallelo che arricchisce la sua visione del mondo.
“Sono diventato architetto, ma la musica ha cambiato la mia vita”
Raccontare Bennato significa anche parlare di un artista poliedrico, capace di mescolare suono e colore, parole e immagini. Nel 1965 si diploma al Liceo Artistico di Napoli e, dopo aver partecipato al Festival di Castrocaro senza accedere alla finale, si trasferisce a Milano per iscriversi alla Facoltà di Architettura del Politecnico e per avvicinarsi al mondo della discografia. Durante gli anni universitari guadagna qualche soldo ideando giochi in scatola per una società del settore e compie frequenti viaggi in Inghilterra, Danimarca e Olanda. La passione per la chitarra e per l’armonica a bocca lo porta spesso a esibirsi nelle metropolitane di Londra, considerate particolarmente favorevoli dal punto di vista acustico.
La Napoli che lo accoglie è in pieno fermento culturale: i suoni della strada, il vociare dei vicoli e il ritmo dei tamburi improvvisati si intrecciano con le influenze d’oltreoceano diffuse da giradischi e radio. Bennato assorbe blues, rock, folk e tradizione partenopea, e i suoi idoli includono Elvis Presley, Paul Anka e Neil Sedaka.
È in questo contesto che prende forma il suo stile inconfondibile: un miscuglio irriverente e sapientemente orchestrato, refrattario a qualsiasi etichetta e fondato sulla contaminazione come naturale forma di espressione. Con chitarra acustica, armonica, kazoo, occhialini scuri e una voce duttile e graffiante, Bennato diventa un cantastorie moderno, un menestrello urbano capace di raccontare un Paese contraddittorio ma affascinante. È tra i primi artisti italiani a portare blues e rock’n’roll nel Paese, influenzando intere generazioni.
Nel 1973, con la produzione di Sandro Colombini, Edoardo esordisce con “Non farti cadere le braccia” inaugurando una stagione in cui si conferma fuori dal coro. La sua musica comincia a diffondersi su tutte le stazioni radiofoniche, grazie anche al supporto del disc jockey napoletano Raffaele Cascone. L’anno successivo pubblica “I buoni e i cattivi”, in perfetta sintonia con il clima sociale e culturale del periodo.
Il nuovo disco ironizza sul perbenismo borghese: emblematica è la copertina con due gendarmi ammanettati tra loro. L’LP colpisce i poteri forti e non risparmia neppure il presidente della Repubblica Giovanni Leone. Nel 1975, Bennato lavora alla copertina del successivo album, che uscirà nel 1976: la Torre di Babele, raffigurata come un’impalcatura di un centinaio di soldati di epoche diverse, simbolo dell’orgoglio umano, della violenza e della incomunicabilità tra i popoli.
Arriviamo al 1977 con Burattino senza fili, album che sintetizza il percorso narrativo di Bennato. Le canzoni scorrono come capitoli di un romanzo, con personaggi tratti dai racconti per ragazzi reinterpretati in chiave adulta, cruda e ironica. La favola, secondo Bennato, è uno strumento efficace per parlare alla gente, semplificando i discorsi senza apparire pedante. Mangiafuoco rappresenta il potere, il gatto e la volpe i suoi servitori, e l’uomo che si libera dai fili simboleggia libertà e salvezza. La sua satira non è mai fine a se stessa: è un modo per porre lo spettatore davanti allo specchio, denunciare i meccanismi di manipolazione e svelare i giochi di potere mascherati.
Quello fu un periodo di forti tensioni politiche e sociali in tutta Italia. Con melodie accattivanti Bennato arriva a verità scomode, e con il ritmo rock trasmette lezioni di libertà. Burattini, pirati e bambini eterni diventano elementi della mitologia bennatiana, restituendo un’identità perduta e prospettive nuove. Attraverso le sue canzoni esprime rabbia, paura e aspirazioni di generazioni che oggi risultano più attuali che mai.
I suoi concerti diventano dei veri spettacoli visivi e teatrali: gesti, smorfie, espressioni facciali e movimenti clowneschi compongono una vera e propria maschera di impudenza. Pochi artisti italiani hanno creato un immaginario così potente. Bennato costruisce un universo parallelo dove Pinocchio non è un burattino ingenuo ma simbolo della lotta per l’autonomia; Peter Pan non è un semplice bambino che non vuole crescere, ma manifesto dell’indipendenza creativa; il pirata è emblema del ribelle che rifiuta regole imposte e comodi compromessi. L’infanzia diventa metafora della purezza, mentre la fantasia è l’unico luogo in cui la libertà può essere piena. Questa è la “cosmovisione” di Bennato: un mondo simbolico che parla in realtà del nostro presente.
“Quanta fretta, ma dove corri?
Dove vai? ( Il gatto e la volpe)
Oltre alla musica, Bennato coltiva da anni una intensa passione per le arti visive, in particolare pittura e arti grafiche. La pittura è concepita come estensione della sua visione artistica, un mezzo per rappresentare simboli, sogni e tensioni sociali e personali. Ha realizzato numerose copertine dei suoi album e le sue opere sono state esposte in mostre, attirando l’attenzione di critica e pubblico. La sua pittura dialoga costantemente con la musica e con la sua poetica di denuncia e fantasia.
In occasione del Franco Cuomo International Award 2024, Bennato è stato premiato per il suo talento poliedrico, espresso attraverso musica e pittura, sempre in dialogo tra loro e capaci di smuovere le coscienze. Questo aspetto multidisciplinare lo rende un artista completo: non solo cantautore e musicista, ma anche creatore visivo capace di raccontare il mondo con colori, forme e suoni insieme.
Edoardo Bennato in mostra con le sue tele in Expo a Milano nel 2015 dal tema “ In Cammino”. Nel 2016 ha esposto anche al PAN di Napoli a febbraio.
Nel corso della carriera Bennato è stato più volte riconosciuto come una delle voci più significative della canzone d’autore italiana. Tra i suoi premi: nel 2002 il Nastro d’Argento per la miglior colonna sonora del film “Il principe e il pirata” di Pieraccioni, e nel 2025 il Premio Napoli, che celebra la sua carriera e il ruolo di interprete della cultura e dell’anima della città di origine. Questi riconoscimenti testimoniano la sua capacità di restare rilevante attraverso decenni di evoluzione musicale, di attraversare generazioni e di continuare a parlare al presente con voce autentica.
“Io ho sempre avuto un solo padrone : il pubblico “
La sua “cosmovisione”, fatta di rock, blues, testi satirici, personaggi simbolici e tele pittoriche, racconta l’Italia e l’umanità con le sue bellezze e contraddizioni. La capacità di comunicare unendo musica e arte visiva fa di Edoardo Bennato un modello di libertà creativa e coerenza, mostrando che l’arte vera non ha età e che fantasia e impegno possono ancora smuovere le coscienze.
© Dr.ssa Luisa Zinna Arte, Musica & Spettacolo
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