Silvia Cordoano – La forza gentile dell’arte come rinascita

Pubblicato il 25 ottobre 2025 alle ore 10:00

Colore, materia e intuizione: un viaggio nell’universo interiore di un’artista che trasforma la fragilità in energia creativa.


Artista sensibile e profondamente intuitiva, Silvia Cordoano è tra i protagonisti della rassegna d’arte internazionale “Introspettiva”, che riunisce 33 artisti in un dialogo tra introspezione e linguaggi contemporanei, e sarà presente a dicembre alla mostra “Tradizione e Innovazione”, entrambe organizzate dall’Associazione Athenae Artis.
Nel suo percorso, l’arte si manifesta come gesto di libertà e rinascita: un ritorno alle origini, a quella bambina che giocava con i colori e disegnava senza confini.

 

Dopo anni di studi scientifici e un periodo complesso di vita, Silvia ha riscoperto la pittura come forma di guarigione e riconnessione profonda con se stessa. L’incontro con il Maestro Pino Cannatà ha segnato un punto di svolta, permettendole di esplorare la materia come linguaggio simbolico, corporeo ed emotivo. Nei suoi lavori il colore diventa vibrazione, la texture emozione tangibile, e ogni opera si trasforma in un atto di ascolto e trasformazione.

 

Per Silvia Cordoano la materia è significato: sabbia, fili, tessuti, pigmenti e stucco non sono semplici strumenti, ma parti di un racconto interiore. “La materia è viva”, racconta, “è corpo, ferita, trasformazione, carezza, resistenza.”
Il suo approccio artistico è un equilibrio delicato tra istinto e consapevolezza, tra l’abbandono al gesto e la precisione del sentire. Non esiste un piano rigido, ma una direzione emotiva che guida le mani e il cuore, dove ogni strato di colore diventa memoria, ogni segno una connessione.


L’arte, per Silvia, è un atto spirituale e di libertà. È un modo per resistere e per trasformare, per restare autentici anche quando la vita impone silenzi o deviazioni. Essere artista oggi — dice — significa “portare alla luce ciò che resta nascosto, creare spazi di bellezza condivisa e inclusiva”.

 

Il futuro per Silvia non è solo individuale ma corale. Sogna di realizzare progetti multidisciplinari in cui artisti e persone comuni possano collaborare, dando vita a opere collettive che diventino esperienze di guarigione, dialogo e unione. “L’arte può essere un gesto che ricuce, che costruisce ponti, che ci fa sentire meno soli”, afferma con convinzione.
Tra i suoi desideri c’è anche quello di fondere arte e vino — due passioni che condividono lo stesso linguaggio sensoriale — creando etichette che raccontino emozioni, territori e momenti di vita.

 

Nelle mostre che la vedono protagonista, come “Introspettiva” e “Tradizione e Innovazione”, il lavoro di Silvia Cordoano rappresenta perfettamente il punto d’incontro tra radice e sperimentazione.
La tradizione è per lei memoria e identità; l’innovazione è coraggio e libertà. Le sue opere, materiche e astratte, parlano di un presente che non dimentica il passato ma lo rinnova attraverso il colore e la luce. Ogni quadro è un varco emotivo, una soglia che invita lo spettatore a sentirsi parte di un racconto collettivo.

 

Silvia si è raccontata, in questa intervista, con autenticità condividendo la nascita della sua ispirazione, la sua arte e la sua visione. 

1. Come è iniziato il tuo rapporto con l’arte? C’è un momento preciso in cui hai capito che sarebbe stata la tua strada?
Il mio rapporto con l’arte è iniziato da bambina, quando in modo inconsapevole passavo il tempo disegnando forme, cerchietti, linee, intrecci e giocavo con i colori. Non c’erano figure, solo colore, gesto e intuizione. Poi la vita mi ha portata altrove, verso studi tecnico-scientifici, e per molti anni ho messo a tacere quella voce interiore. Ma dopo un periodo difficile, complesso e profondo, ho sentito il bisogno di tornare a me stessa, a quella bambina che esprimeva tutto senza parole. Nel 2023 ho ascoltato davvero quel richiamo e ho cominciato, seriamente. È stato come rinascere. L’incontro con il Maestro Pino Cannatà è stato decisivo: nel suo atelier ho imparato a guardarmi dentro e a dare forma a ciò che avevo sempre sentito.


2. Come descriveresti il tuo percorso artistico fino a oggi in una parola o un’immagine?
Una parola: rinascita. Ho anche prodotto un lavoro a simboleggiare questa rinascita e dedicandogli il titolo.


3. Quando lavori, quanto spazio lasci all’istinto e quanto alla progettazione?
Lascio moltissimo spazio all’istinto, forse è l’unico posto nella mia vita dove non pianifico. Spesso parto da niente, ci siamo solo io e il materiale. Altre volte parto da un’intuizione, da un’immagine interna, una sensazione che mi colpisce. Scelgo i materiali, i colori, ma poi lascio che siano le mani e il cuore a guidarmi. È un momento in cui la mente si zittisce. Il gesto diventa ascolto e liberazione. La progettazione non è rigida, è più una direzione emotiva che una struttura definita. Ogni opera nasce in equilibrio tra abbandono e consapevolezza.


4. In che modo la materia (colore, suono, corpo, luce…) dialoga con il significato della tua opera?
La materia è il significato. La materia è sperimentazione. Andare “oltre la materia”, in maniera “femminile”, prendendo ispirazione dal lavoro di Alberto Burri è un mio obiettivo di ricerca, anche interiore. Uso fili, pigmenti, tessuti, stucco, sabbia... ogni elemento ha un valore simbolico. I fili rappresentano connessioni e memorie. I colori sono emozioni pure. A volte ascolto musica mentre dipingo: il ritmo entra nel gesto, come se suonassi con le mani (e io non ho mai suonato in vita mia);
tant’è che la canzone da il titolo al mio lavoro; alla fine è una sfumatura del significato che si è rivelato. La materia è viva, e parla un linguaggio che va oltre le parole. È corpo, ferita, trasformazione, carezza, resistenza. È il mio modo di raccontare l’esperienza umana e femminile in tutte le sue sfumature.


5. Come reagisci alle interpretazioni del pubblico, anche quando sono diverse da ciò che avevi immaginato?
È una delle parti che preferisco. Le accolgo con grande apertura. Ogni opera è un ponte, non un monologo. È bello vedere come ognuno ci trovi qualcosa di sé, anche se diverso da ciò che ho vissuto io. Non cerco mai di spiegare troppo. Preferisco che chi guarda si senta libero di interpretare, sentire, ricordare. Se un’opera suscita un’emozione, allora ha già compiuto il suo viaggio.


6. Cosa significa per te “essere un’artista” oggi?
Significa essere se stessi, resistere, trasformare, ascoltare. Significa portare alla luce ciò che spesso resta nascosto o taciuto. Essere artista oggi è un atto spirituale e di libertà insieme: è scegliere ogni giorno di restare connessi alla propria verità, anche quando è scomoda o fragile. È anche una responsabilità: creare spazi di libertà, inclusione, bellezza condivisa.


7. C’è un progetto o una collaborazione che sogni di realizzare?
In realtà ne ho due che viaggiano su piani diversi.
La prima, essendo anche sommelier, è quella di unire le due passioni ed un giorno dipingere etichette per bottiglie di vino, sempre che sia possibile abbracciare i miei valori con quelli della cantina di produzione.
L’altro, di un livello nettamente più intenso e di significato, è quello di creare opere corali, multidisciplinari grazie alla collaborazione di vari artisti e persone. In questo modo potremmo aiutare le persone ad esprimersi e l’arte diventa cura, dialogo e unione. La pluralità intesa come risorsa e guarigione. L’arte può essere un gesto collettivo che ricuce, che costruisce ponti, che ci fa sentire meno soli. Come l’arte è stata di aiuto a me, mi piacerebbe che potesse essere di aiuto anche ad altri. Può capitare che le persone non abbiano la forza di andarla a cercare, e quindi potrebbe essere un modo per facilitare l’incontro.


8. Come immagini la tua evoluzione artistica nei prossimi anni?
Mi immagino sempre più libera, sempre più coraggiosa. Vorrei continuare a esplorare il linguaggio astratto e materico. Vorrei veramente provare ad indagare oltre la materia e avvicinarmi anche ad altri stili, rendendoli comunque miei, con le miei caratteristiche riconoscibili. Inoltre, penso a spazi aperti,
laboratori condivisi, esposizioni non convenzionali. La mia arte è in cammino, e spero che nei prossimi anni possa abbracciare sempre più persone, creando esperienze da vivere, non solo da guardare. Vorrei veramente contribuire con il mio operato a far si che l’arte fosse per gli occhi e il cuore di tutti.


9. Qual è il messaggio che vorresti lasciare a chi sogna di intraprendere un percorso simile al tuo?
Non aspettare il momento giusto. Seguire il proprio istinto, anche se fa paura. Esprimere ciò che si sente, anche se non è perfetto. L’arte non è solo talento, è urgenza, ascolto, verità. Non serve adeguarsi. Serve prendersi del tempo. Serve essere. Ancora più importante per esperienze vissuta: anche nei momenti più bui, la creatività può essere una luce che ti porta a casa.

Oggi, Silvia Cordoano continua il suo cammino artistico con una visione chiara: andare “oltre la materia”, verso una pittura che unisca cuore e pensiero, gesto e introspezione.
La sua storia è quella di chi ha trasformato la vulnerabilità in forza e la materia in poesia. Nel suo studio, come sulla tela, ogni gesto è un atto d’amore verso la vita, un invito a riconoscersi attraverso l’arte.

Come lei stessa afferma:

> “Anche nei momenti più bui, la creatività può essere una luce che ti porta a casa.”

 

Un messaggio che racchiude tutta la sua visione: l’arte come cura, come ascolto e come libertà condivisa.

 

 

 

La Redazione 

Aggiungi commento

Commenti

Teresa
18 giorni fa

L'intensità materica delle opere di Silvia cordoano la pastosità del colore i graffi le linee le escrescenze ... tutto mi parla con chiarezza. Mi piacciono molto le sue opere. Ammirata.